Differenze geologiche sostanziali tra vulcanismo laziale e Appennino centrale

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Nella scala dei tempi l'orogenesi appenninica ha inizio nel Cenozoico superiore (circa 20 milioni di anni fa), per concludersi in era quaternaria, nel periodo del Pleistocene, proprio quando invece ha inizio, circa 600.000 anni fa, la fase vulcanica attiva dei Colli Albani. Dalla prima fase del Vulcano Laziale deriva una grande quantità di materiali vulcanici, primi tra tutti il Tufo pisolitico, la Pozzolana nera, la Pozzolana rossa, il Tufo lionato, il Tufo di Villa Senni, generati da lapilli e scorie, e l'accumulo di lave prodotte. Nell'ultima fase, nota come freato-magmatica, verificatasi tra i 36.000 e i 19.000 anni fa, il territorio si arricchisce, oltre che dei laghi, anche di un altro minerale: il Peperino, ricco di leucite.

 

Il Vulcano laziale è quindi una sovrastruttura rispetto alla piattaforma carbonatica che sia l'Appennino centrale che i Colli Albani condividono. Infatti l'intero territorio laziale-abruzzese pone le sue basi su un antico fondale oceanico tropicale, costruitosi a partire dal Triassico (circa 240 milioni di anni fa) dai gusci di antiche ammoniti e rudiste che in milioni di anni si sono trasformati in rocce calcaree, ricche di carbonato di calcio. Queste rocce sono ben evidenti sulla dorsale appenninica e sulle catene dell'antiappennino laziale, come ad esempio i Lepini, conferendogli l'aspetto tipico di paesaggio carsico, aspro e contornato di doline, grotte e inghiottitoi.

 

Infine, un'altra macro differenza sostanziale la possiamo riscontrare nella disponibilità di riserve idriche in quota. Infatti, se nei Colli Albani l'attività vulcanica ha permesso il formarsi di una falda acquifera sottostante che alimenta i laghi e numerose sorgenti in quota, nelle catene appenniniche come i Lepini le rocce calcaree, solubili, vengono scavate dall'acqua, che molto più copiosamente si riversa a valle dove trova infine uno strato impermeabile di argilla, mentre le sorgenti d'alta quota sono meno numerose e con portate più ridotte, benché fondamentali per l'allevamento e la pastorizia.


 

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