La Pentima della Vecchiaccia: una storia di streghe e di un dramma dal passato

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Il parco dei Castelli Romani è un luogo unico nel suo genere, in cui il connubio tra natura e tradizione locale genera una perfetta alchimia, dove le storie del territorio rappresentano l'anima e l'identità più profonda di questi posti. Un esempio è il luogo che descriviamo in questo articolo.

Da sempre i boschi dei Colli Albani sono stati identificati quali scenari perfetti di esoterismo e magia. La fitta vegetazione, a tratti impenetrabile, i sentieri stretti e impervi, le grotte naturali scavate nel tufo e le rocce scoscese e a picco sui laghi donano all'ambiente una connotazione mistica, e che può suscitare a tratti sentimenti contrastanti nel camminatore che l'attraversa. E se c'è un posto dove euforia, stupore e angoscia possono convivere al tempo stesso nell'animo umano, questa è la Pentima della Vecchiaccia.

 

 

 

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La stessa parola pentima ha origini che si perdono nella notte dei tempi. Probabilmente di origine prelatina, il termine è comune a molti dialetti dei paesi limitrofi, e sta ad indicare una rupe, nello specifico una roccia a strapiombo sul lago. Parliamo in questo caso del lago Albano, e di un tratto, a mezza costa tra il lago stesso e i monti delle Faete, in cui una terrazza naturale domina completamente l'orizzonte, da Castel Gandolfo ad Ovest fino ai boschi della parte orientale delle sponde del bacino lacustre. Un terrazzamento relativamente stretto, con sotto il vuoto, o, per dirla meglio, un salto di almeno 150 metri.

Ed è qui, da questa rupe non proprio adatta a chi soffre di vertigini, che la leggenda e il folklore popolare si mescolano con gli avvenimenti storici, e con la drammaticità di una storia, che probabilmente era comune a molte altre, o forse, più semplicemente, ne è la sintesi perfetta che da quel periodo storico arriva dritta fino a noi.

 

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Siamo ad Albano Laziale, nel XVI secolo. Il territorio dei Castelli Romani, pienamente sotto il controllo dello Stato pontificio, vive in quell'epoca la piena controriforma messa in atto dalla Chiesa, che ben presto degenera nell'arbitrario potere della Santa Inquisizione, il tribunale incaricato di tenere sotto stretto controllo l'ortodossia della fede cattolica. La ricerca estenuante di una perfetta interpretazione delle Sacre scritture porterà ben presto tuttavia a brutali persecuzioni, verso coloro che anche solo per un sospetto, venivano considerati eretici. E' in questo clima che il fenomeno della caccia alle streghe raggiunge il suo culmine, e moltissime persone subiranno un destino di roghi, isolamento e gogne di vario tipo perché accusate di avvalersi delle arti magiche.

 

Ma chi erano realmente le “streghe” e gli “stregoni”?

La risposta non è univoca, perché molteplici erano le sfumature di cui si teneva conto per considerare una persona tale, ma se vogliamo restringere il nostro campo di ricerca ad una categoria di persone allora potremmo identificare questo appellativo probabilmente con donne, per la maggior parte, appartenenti agli strati più bassi della società, come mendicanti, anziane, vedove, a cui erano state tramandate, come in un passaggio di consegne intergenerazionale, conoscenze di vario tipo, come ad esempio quelle delle erbe medicinali, attraverso cui perpetrare delle guarigioni, ed altre che, per la maggior parte, avevano a che fare con il mondo naturale.

Ecco che allora, restringendo il campo, possiamo iniziare a delineare il profilo di quella che, nel territorio, è arrivata fino a noi non con un nome, ma con l'appellativo di vecchiaccia: probabilmente una donna anziana, che abitava nel paese di Albano Laziale, e, ancora più probabilmente, di umili estrazioni sociali e la cui colpa, forse, fu proprio quella di aver avuto conoscenze, oggi diremmo nel campo dell'erboristeria,  che le erano state tramandate.

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Quale che fosse la peculiarità di questa donna, quello che sappiamo è che, come molte persone sue contemporanee, dovette subire l'accusa di essere una strega. 

 

Per capire la gravità che all'epoca rivestiva un'accusa di stregoneria, e , soprattutto, le sue conseguenze sociali su chi la riceveva, dobbiamo sforzarci di entrare nella mentalità di una persona media del 1600. Sull'accusato non incombeva solo la scure o il rogo ordinato dal tribunale dell'Inquisizione, ma l'effetto più immediato era la completa esclusione dalla vita sociale della comunità alla quale apparteneva. Esclusione dalla vita religiosa, politica, e dall'accesso ai beni primari, come, banalmente, quello di poter entrare dal fornaio per comprare il pane. L'intera comunità vedeva in quel marchio infamante un monito, e la reazione più immediata era quella di isolare la presunta strega.

Fu forse in quel momento, forse dopo ripetute umiliazioni e tentativi di linciaggio, che la donna anziana della nostra storia decise dapprima di ritirarsi negli impenetrabili boschi a ridosso del paese e poi, stremata e senza più speranze di tornare ad una vita normale, di rifugiarsi nel gesto più estremo, quello di gettarsi dalla rupe a strapiombo e di liberarsi una volta per tutte da un'esistenza di miseria e di sofferenze.

 

La storia, lo abbiamo detto, è comune a quella di decine di altre donne e uomini che seguirono questo triste destino, se non fosse che, come succede spesso nelle realtà rurali, e ancor di più in un territorio in cui sacro e pagano hanno convissuto per secoli, è la leggenda che rende immortale ed unica una storia e la tramanda ai posteri. E la leggenda narra di come, da quel momento, lo spirito dell'anziana signora dimori in quel tratto di bosco, e che la sua presenza sia talmente forte da potersi percepire la sua voce nell'oscurità della notte, una voce dolce, quasi un canto di sirena, che invita il viandante a raggiungerla in un salto liberatorio nel vuoto.

E il luogo, la Pentima della Vecchiaccia, si presta perfettamente ad ogni tipo di suggestione: un bosco fitto e poco luminoso, con una fitta vegetazione, caverne neolitiche e rocce squadrate, come se tutta l'energia della foresta conducesse ad un'unica destinazione, proprio li, in quello stretto terrazzamento in cui sembra quasi di toccare il cielo con un dito, e in cui noi donne e uomini del XXI secolo ne ammiriamo la potenza e il colpo d'occhio, ma che non riusciamo a scrollarci di dosso quel senso di angoscia e di desiderio di una vita migliore che ci riecheggia da un lontano passato.

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