La Regina dei Lepini: Monte Semprevisa, nella terra dei Volsci
Un meraviglioso giro ad anello dal versante di Carpineto Romano, partendo da Pian della Faggeta e percorrendo il sentiero 707 fino alla Cima Nardi, attraverso una delle faggete più selvagge e incontaminate del Lazio. La vista si apre sulla catena dei Lepini, sulla Valle Latina, il Circeo e le isole Pontine, tra rocce calcaree del Triassico e creste vertiginose.
Ci sono luoghi nella nostra regione che hanno un'energia quasi primordiale, che sprigionano richiami ancestrali all'antica e faticosa vita rurale e montanara, quando l'uomo era tutt'uno con la natura e l'intera vita era scandita dai cicli e dalle forze naturali, che non potevano essere dominate, tuttalpiù assecondate. I monti Lepini, una catena montuosa che si erge quasi a fare da spartiacque tra le province di Roma, Latina e Frosinone, ne sono un esempio.
La montagna di cui oggi compiamo l'ascesa è forse la più simbolica da questo punto di vista. Il monte Semprevisa infatti, con I suoi 1.536 metri, è il culmine di questa catena antiappenninica. Dal 2019 la sua cima è stata intitolata a Daniele Nardi, alpinista originario di queste montagne, che alla montagna ha dapprima consacrato e poi, tragicamente, offerto la propria stessa vita.
Per l'ascesa di oggi scegliamo il versante che corrisponde al territorio di Carpineto Romano (è possibile salire anche dal versante di Bassiano) e lasciata l'auto al consueto parcheggio di Pian della Faggeta, a circa 890 m s.l.m. , ci dirigiamo a passi decisi verso il sentiero CAI 707.
Il percorso inizia sotto al sole, con una vegetazione bassa e spoglia e molta pietraia, e la prima salita è solo un assaggio dei circa 700 metri di dislivello che ci attendono per conquistare la vetta.
Ben presto la radura lascia il posto ad una fitta faggeta, dove il silenzio rimbomba pesante ad ogni passo e ad ogni crepitio delle foglie e dei rami. È difficile immaginare quale civiltà abbia potuto abitare queste montagne aspre e impervie, eppure i monti Lepini hanno rappresentato per circa tre secoli il centro di potere dei Volsci, un antico e fiero popolo di origine indoeuropea che ben presto si adattò alla pastorizia e, in seguito, alla guerra, giungendo a discendere queste montagne e a dilagare nella Valle Latina.
E a risultare difficile è anche immaginare che questi posti erano in origine qualcosa di simile ai reef corallini odierni, circondati da un mare caldo e poco profondo. Solo la sedimentazione dei gusci marini, fatti di carbonato di calcio, e l'orogenesi appenninica hanno trasformato, in milioni di anni, il paesaggio in quello che oggi osserviamo, e ciò risulta ancora più evidente allorché, usciti dalla meravigliosa faggeta e imboccata la Sella di Mezzavalle, ci imbattiamo nel primo di una lunga serie di fenomeni del carsismo di profondità. L'acqua ha plasmato il territorio, creando a tutti gli effetti un mondo parallelo, fatto di grotte, voragini, inghiottitoi con corsi d'acqua, alcuni dei quali, come l'Abisso Consolini, discendono nella terra per oltre 500 metri. Un mondo, esplorabile solo da speleologi esperti e ben equipaggiati, che rappresenta da solo il 35% di tutte le grotte e ipogei del Centro Italia, e per questo riveste un'importanza notevole nello studio geologico della nostra penisola.
Scheda tecnica
Livello di difficoltà (CAI) : E
Dislivello complessivo : 760 mt
Distanza. : 8 km
Tempo di percorrenza. : 3 h 20'
Altitudine minima. : 856 mt s.l.m.
Altitudine massima. : 1.536 mt s.l.m.
Tipologia di terreno. : sterrato e pietra calcarea
Abbandonata la sella ci dirigiamo a Sud Ovest, la faggeta ricomincia ma ben presto lascia il posto alla roccia di cresta, e lungo il crinale godiamo di una vista privilegiata sull' Agro Pontino, sulla Valle Latina e sul mar Tirreno.
Vista che appare ancora più contemplativa una volta raggiunta la cima, a quota 1.536 m s.l.m, da dove è possibile scorgere il Circeo e, nelle giornate più limpide, le isole Pontine.
Una breve sosta davanti alla croce intitolata a Daniele Nardi, contemplando la prosecuzione della catena dei Lepini e l'Appennino centrale, e proseguiamo per un breve tratto di cresta fino a rientrare nella faggeta, passando per la Fonte del Sambuco (qui il terreno è particolarmente impervio in quanto le pietre lisce sono costantemente bagnate dall'acqua sorgiva...occorre quindi prestare molta attenzione).
Da questo momento la discesa è continua, a tratti snervante, e ci conduce, con l'aiuto degli ometti di pietra del CAI, verso Pian della Faggeta, e alla fine del nostro trekking.