Saper “leggere” i sentieri: la segnaletica CAI e le scale di difficoltà
Dalle alte creste innevate e vertiginose delle Alpi e degli Appennini alle faggete secolari e ai torrenti di fondovalle, dalle scogliere a strapiombo sul mare, alle dolci colline contornate da paesi di pietra, sino a forre e canyon dove la luce del sole fatica a penetrare: il trekking presenta molteplici sfaccettature, più o meno quante ne ha la natura stessa, elemento dominante e indiscusso di ogni nostra escursione. Ma se l'elemento naturale è senza dubbio ciò che più ci avvicina e ci connette a questa splendida attività, fisica, sociale e culturale al tempo stesso, è anche quello che più di tutti nasconde insidie e pericoli, per il semplice fatto, non fosse altro, di avvolgerci completamente in una dimensione nella quale tutto d'un tratto svaniscono quei confort, quelle certezze quasi elementari che l'ambiente antropizzato ci ha ormai abituati a dare per scontati.
Smarrirsi in un bosco, sbagliare percorso o esaurire le proprie energie fisiche e ritrovarsi su una cresta esposta da ambo i lati, mentre il sole pian piano scende alle nostre spalle o le condizioni meteorologiche peggiorano repentinamente, sono esperienze che possono rivelarsi persino traumatiche per un escursionista, e mettere a repentaglio la stessa incolumità fisica.
Per questo motivo la disciplina dell'escursionismo ha sviluppato fin dagli albori della sua storia un proprio “codice della strada”, e la colonna portante di questo codice è rappresentata dai sentieri e dalla rete sentieristica , di cui i nostri monti, le nostre colline, boschi e campagne sono interamente attraversati. I sentieri sono le nostre strade e autostrade che ci conducono lungo il cammino in sicurezza verso la destinazione che vogliamo raggiungere, e ci riportano incolumi a casa. E proprio come per la rete stradale “civile” anche per la rete sentieristica esiste appunto un codice che ogni escursionista e camminatore deve necessariamente conoscere e saper interpretare, un codice fatto di cartelli, colori, simboli, lettere e numeri che rappresentano il nostro punto di riferimento durante il cammino. Ma quali e quanti sono e cosa stanno a significare? E chi se ne occupa?
Il Club Alpino Italiano
Iniziamo con il dire che un sistema di sentieri non potrebbe esistere se non ci fosse una puntuale e costante manutenzione. In Italia la rete sentieristica è considerata un bene pubblico e la sua manutenzione e messa in sicurezza è appannaggio dei Comuni nel loro territorio di competenza.
Tuttavia nel corso dei decenni è divenuta consuetudine che i Comuni affidino per loro conto la manutenzione della sentieristica al CAI (Club Alpino Italiano). Fondato nel 1863 il CAI per mezzo dei suoi volontari e delle sezioni sparse in tutta Italia si occupa, tra le altre sue funzioni, di mantenere sempre accessibili e puliti gli oltre 60.000 km di sentieri e di aggiornare e tenere in stato di leggibilità cartelli, indicazioni e simboli che conducano il camminatore nella giusta strada, rispettando al tempo stesso il contesto naturale e l'ecosistema.
Ma da quali segnali si compone la nostra rete sentieristica?
Possiamo fare una prima distinzione a seconda che la segnaletica sia di tipo verticale oppure orizzontale.
La segnaletica verticale
La prima tipologia di segnaletica, quella verticale, è costituita dalle tabelle segnavia all'inizio del sentiero e agli incroci più importanti. Queste tabelle altro non sono che cartelli (possono essere in metallo o in legno) aventi una coda con colore rosso-bianco-rosso e la punta rossa (fig. 1.1). Indicano la direzione della località di destinazione e il tempo necessario per raggiungerla, calcolato per un escursionista medio secondo un grafico ad abaco (fig. 1.2) che tiene conto del dislivello e della distanza di percorrenza. Sulla coda del cartello è presente il numero del sentiero. Solitamente questo numero si compone di 3 cifre, di cui la prima indica la zona di appartenenza: ad esempio i sentieri che percorreremo sui Colli Albani inizieranno tutti con 5, quelli sui Monti Simbruini con 6, quelli sui Monti Lepini con 7 e così via. Le altre due cifre sono quelle che definiscono il sentiero all'interno della zona di appartenenza. Al numero del sentiero a volte viene aggiunta una lettera minuscola: in questo caso il cartello ci sta indicando che quello che stiamo percorrendo è un raccordo, ovvero una diramazione del sentiero principale che lo collega ad un secondo sentiero. Questo tipo di segnaletica è posizionata nei punti chiave, come ad esempio passi, forcelle o piccoli centri abitati.
Sullo stesso palo delle tabelle segnavia si trova spesso anche la tabella di località (fig. 1.3): è di colore bianco o tinta in legno e indica il nome delle località dove ci si trova e la relativa quota.
Un segnale verticale importantissimo che ogni escursionista deve saper riconoscere e ponderare per il prosieguo del suo cammino è la tabella per via ferrata (fig 1.4). Si tratta di un cartello in metallo e di colore rosso con scritte bianche, e lo si trova all'inizio di un sentiero che porta ad una via ferrata oppure ad un sentiero particolarmente impegnativo che può essere attraversato solo con attrezzatura idonea. In alto , sul cartello, è indicata la sezione del CAI a cui è affidata la manutenzione del tratto. Al centro vi sono disegnati due moschettoni con corda ed è evidenziato il livello di difficoltà EEA (sul quale torneremo più avanti). In basso invece viene riportato l'invito, scritto in 4 lingue, ad usare le attrezzature fisse in maniera corretta, e uno spazio vuoto dove poter segnalare eventuali danni alle attrezzature stesse.
In ultimo troviamo i pannelli di insieme (fig 1.5): sono dei pannelli di grandi dimensioni che osserviamo nei principali luoghi di accesso alle reti sentieristiche, e rappresentano una sintesi cartografica, ambientale e storica degli itinerari della zona, dandoci anche descrizioni dettagliate sulle peculiarità del territorio, sulla flora, la fauna e gli aspetti naturalistici più importanti.
La segnaletica orizzontale
Altrettanto importante per un escursionista è saper riconoscere la segnaletica orizzontale. Se la segnaletica verticale ci instrada sulla giusta via all'inizio di un fitto reticolo di sentieri, è infatti la segnaletica orizzontale che ci accompagna realmente lungo tutto il nostro cammino, rassicurandoci sul fatto che ci troviamo sempre sulla giusta strada. Proprio per questo motivo i segnali che appartengono a questa categoria vengono chiamati anche segnali di conforto.
Come abbiamo avuto modo di intuire per la segnaletica verticale, nel codice sentieristico esistono delle convenzioni ormai adottate universalmente. La più importante è senza dubbio quella che riguarda i colori. Il CAI infatti distingue i sentieri ufficiali mantenuti dalle sue sezioni con i colori bianco e rosso, che sono quelli con cui i percorsi vengono tracciati. Ma in che modo i volontari del CAI applicano queste convenzioni?
Quello più comune è rappresentato dalla segnavia bianco-rossa. Viene applicata per indicare la continuità del sentiero sugli alberi (fig 1.5), se ci troviamo in un'area boschiva, oppure sulle rocce (fig. 1.6), ed è posta nelle immediate vicinanze dei bivi e almeno ogni 200-300 metri. La segnavia può essere semplice (quindi solo con la classica vernice bicolore), oppure a bandiera. In questo caso la vernice avrà tre bande verticali rosso-bianco-rosso, con il numero del sentiero scritto in nero.
Se camminiamo lungo sentieri che attraversano terreni in aperta campagna o pascoli privi di elementi naturali su cui apporre le segnavie, ci imbatteremo con molta probabilità nei picchetti segnavia ( fig. 1.7). Questi sono paletti di legno conficcati nel terreno la cui estremità superiore è verniciata con i colori bianco-rosso o rosso-bianco-rosso e il numero del sentiero
Un'ultima tipologia di segnale orizzontale, ma non meno importante, è rappresentata dagli ometti di pietre (fig. 1.8). Questo sistema di segnaletica utilizza l'accumulo di pietre sovrapposte che indicano la giusta direzione, e viene applicato di solito in alta montagna lungo selle o altipiani. Gli ometti di pietra sono alti intorno ai 50 cm e sono visibili anche in condizioni difficili, ad esempio durante le nevicate.
Quanto è difficile un sentiero?
La segnaletica ufficiale non ci fornisce solo informazioni sulla direzione, la quota e la durata di un percorso, ma ci indica anche qual è il suo livello di difficoltà. E così come per i cartelli e i colori, anche per i livelli di difficoltà occorre saper leggere la simbologia applicata dal CAI, che tiene conto del dislivello (ovvero della differenza assoluta tra quota massima e quota minima), della distanza, del tipo di terreno e dell'esposizione. Tenendo quindi in considerazione questi parametri possiamo distinguere i seguenti gradi di difficoltà:
Turistico (T): comprende tutti quegli itinerari che si sviluppano su stradine, mulattiere, facili sentieri o strade bianche. I percorsi sono brevi, ben evidenti e non presentano particolari problemi di orientamento. Sono di solito tracciati con dislivelli inferiori ai 400 metri e che non richiedono né una particolare preparazione fisica (se non l'attitudine al camminare), né una esperienza specifica di orienteering o di tecniche escursionistiche.
Escursionistico (E): questo tipo di percorsi presenta passaggi per i quali occorre una certa esperienza di orientamento in ambiente naturale. Il terreno può essere accidentato (ad esempio detriti, pietraie o fango), ma il sentiero ha una buona tracciabilità. Il dislivello complessivo di sentieri di questo tipo è di solito compreso tra i 400 e i 900 metri, ed è richiesta una buona forma e preparazione fisiche.
Escursionisti esperti (EE): è una tipologia di percorsi che comprende itinerari non sempre segnalati, o segnalati in modo parziale, e in cui si richiede una buona tecnica ed esperienza in materia di escursionismo e di orienteering, oltre ad una forma e preparazione fisica ottimali. Il terreno su cui si snodano questi sentieri può essere impervio, scosceso, con pendii anche ripidi e scivolosi e alcuni tratti ghiacciati o con presenza di nevai, superabili però senza l'ausilio di attrezzatura alpinistica. Il dislivello di questi percorsi supera i 900 metri e la qualità dell'equipaggiamento a nostra disposizione è sicuramente una discriminante molto importante.
Escursionisti Esperti con Attrezzatura alpinistica (EEA): rappresentano quegli itinerari per i quali è obbligatorio l'utilizzo di attrezzatura alpinistica, come ramponi e piccozza, e da ferrata (imbrago, moschettoni, casco, corde). Sono sentieri per cui è necessario avere la conoscenza tecnica alpinistica e saper utilizzare le attrezzature richieste.
Abbiamo dunque visto come anche l'escursionismo abbia un proprio codice, un proprio linguaggio che qualunque escursionista, ma anche chi si avvicina a questa disciplina, deve imparare a leggere. Ciò è molto importante, non solo per non rischiare di intraprendere “alla cieca” un percorso in natura, ma anche per saper valutare, ad esempio davanti ad una scheda tecnica come quelle che proponiamo noi alla fine di ogni descrizione di un percorso, se quel tipo di sentiero o cammino sia adatto o meno al nostro livello di preparazione fisica, di orientamento e di bagaglio esperienziale che abbiamo in quel momento.
Saper leggere i sentieri significa rendere il proprio e l'altrui cammino più sicuro, attraverso una maggiore consapevolezza dei propri limiti ma anche della infinita grandezza della natura, imparando sempre più ad evitare qualsiasi atteggiamento di sfida nei suoi confronti ma a rispettarla e a connettersi con essa in tutte le sue forme.
Detto questo non ci resta che metterci lo zaino in spalla...e augurarci buon sentiero!